Il culto di Santa Augusta affonda le sue radici in una tradizione secolare che si è sviluppata a Serravalle, nell’attuale comune di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso. Secondo la leggenda agiografica, Augusta visse nella prima metà del V secolo e subì il martirio per mano del padre Matrucco, un re barbaro che si era stabilito nella zona.
Le origini precise del culto sono avvolte nella nebbia del tempo, ma alcuni elementi ci permettono di delinearne lo sviluppo nei secoli. Già nel 1234 il monte Marcantone, luogo del presunto martirio di Augusta, era denominato “Mons sancte Auguste”, a testimonianza di una venerazione consolidata. Gli statuti di Serravalle del 1360 citano inoltre Santa Augusta come patrona venerata “sin dai tempi più antichi”.
La tradizione orale e scritta ha tramandato nei secoli la storia del martirio di Augusta, arricchendola di elementi leggendari tipici dell’agiografia medievale. La fonte più approfondita a riguardo è una “Vita di santa Augusta” pubblicata nel 1581 da Minuccio Minucci, protonotario apostolico e segretario di papa Clemente VIII. Questo testo, pur basandosi su leggende e tradizioni precedenti, ha contribuito a fissare i contorni della vicenda di Augusta nell’immaginario popolare.
Secondo il racconto agiografico, Augusta nacque intorno al 410 d.C. a Piai di Fregona, figlia del re barbaro Matrucco e di una nobildonna morta di parto. Cresciuta dalla nutrice cristiana Cita, Augusta si avvicinò segretamente alla fede cristiana, ricevendo il battesimo da un eremita che viveva nei pressi del castello paterno. La giovane iniziò a praticare la carità verso i poveri e a partecipare di nascosto alle riunioni di preghiera dei cristiani perseguitati dal padre.
Scoperta la sua conversione, Matrucco tentò in ogni modo di farla abiurare, sottoponendola a torture sempre più crudeli. Augusta resistette con fermezza, subendo il martirio attraverso varie prove: le furono strappati due denti, fu gettata nel fuoco, legata a una ruota dentata e infine decapitata. La tradizione attribuisce ad Augusta diversi miracoli durante il suo martirio, come l’essere uscita illesa dal rogo e dalla ruota dentata grazie all’intervento divino.
Il culto di Santa Augusta si sviluppò probabilmente nei decenni successivi al suo martirio, radicandosi profondamente nella devozione popolare della zona di Serravalle. La presenza di un santuario a lei dedicato sul monte Marcantone, luogo del presunto martirio, testimonia l’antichità e la solidità di questa venerazione. Il santuario divenne meta di pellegrinaggi e processioni, contribuendo a diffondere il culto di Augusta nel territorio circostante.
Un elemento significativo che attesta l’antichità del culto è il ritrovamento delle presunte reliquie di Santa Augusta durante i lavori di restauro del santuario nel 1450. Questo evento, celebrato ancora oggi il 27 marzo, diede nuovo impulso alla devozione popolare, rafforzando la convinzione dell’esistenza storica della santa martire.
Nel corso dei secoli, il culto di Santa Augusta si consolidò come parte integrante dell’identità religiosa e culturale di Serravalle. La santa divenne patrona della città, affiancando in questo ruolo San Tiziano. Le sue virtù di fedeltà alla fede cristiana e di carità verso i poveri furono proposte come modello di vita ai fedeli, ispirando numerose opere di pietà e assistenza.
La devozione popolare si espresse anche attraverso la produzione artistica, con la realizzazione di dipinti, sculture e altre rappresentazioni della santa. L’iconografia tradizionale raffigura Augusta con gli attributi del suo martirio: la ruota dentata, i denti strappati e la palma, simbolo dei martiri.
Nonostante la mancanza di documenti storici certi sulla vita di Augusta, il suo culto si è mantenuto vivo nei secoli grazie alla tradizione orale e alla profonda devozione popolare. La leggenda agiografica, pur con i suoi elementi fantastici, ha svolto un ruolo fondamentale nel tramandare la memoria della santa e nel proporre un modello di virtù cristiane alle generazioni successive.
Le origini del culto di Santa Augusta si intrecciano dunque con la storia religiosa e culturale del territorio di Serravalle, rappresentando un esempio significativo di come la devozione popolare possa radicarsi profondamente e resistere al passare del tempo, anche in assenza di prove storiche inconfutabili.